Greenpeace Rivela il Viaggio Inaspettato dei Vestiti: Un’Analisi Dettagliata sull’Impatto Ambientale dell’E-commerce Moda

Greenpeace ha recentemente condotto un’indagine rivoluzionaria sull’ecommerce moda, esaminando il percorso che i vestiti acquistati e restituiti attraversano, rivelando dati sconcertanti sull’impatto ambientale nascosto dietro a questa pratica. L’indagine, pubblicata ieri, è il risultato della collaborazione tra Greenpeace Italia e la trasmissione televisiva Report, che hanno utilizzato un sistema di localizzazione GPS inserito in 24 capi d’abbigliamento acquistati da noti brand del settore fast-fashion attraverso piattaforme di ecommerce come Amazon, Temu, Zalando, Zara, H&M, Ovs, Shein e Asos.

Il rapporto, intitolato “Moda in viaggio. Il costo nascosto dei resi online: i mille giri del fast-fashion che inquina il pianeta”, svela che in 58 giorni, i pacchi contenenti i vestiti hanno percorso complessivamente circa 100.000 chilometri attraverso 13 Paesi europei e la Cina. La distanza media per consegna e reso è stata di 4.502 chilometri, con il tragitto più breve di 1.147 km e il più lungo di 10.297 km. I mezzi di trasporto più utilizzati sono stati camion, aereo, furgone e nave.

Analizzando le singole aziende coinvolte, emerge che tutti i capi di abbigliamento di Temu hanno viaggiato dalla Cina, coprendo oltre 10.000 chilometri principalmente via aerea. Inoltre, due capi di abbigliamento di Asos hanno percorso in media oltre 9.000 chilometri attraversando 10 Paesi europei.

Greenpeace sottolinea che il 58% degli indumenti (14 su 24) acquistati non è stato ancora rivenduto. Asos, Zalando, H&M e Amazon si trovano in cima alla classifica per il numero medio di rivendite, con una media di 2,25 volte per capo d’abbigliamento. D’altra parte, il 100% dei capi resi a Temu, Ovs e Shein non è stato ancora rivenduto.

Il responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese, ha sottolineato l’impatto ambientale nascosto e significativo generato dalla pratica dei resi facilitati nel settore del fast-fashion, incentivando l’acquisto compulsivo di vestiti usa e getta.

La collaborazione con la start-up Indaco2 ha permesso di stimare le emissioni prodotte dal trasporto e dall’imballaggio dei capi d’abbigliamento, rivelando che l’impatto medio del trasporto corrisponde a 2,78 kg di CO2 equivalente, mentre il packaging incide per circa il 16%. In media, ogni pacco utilizza 74 g di plastica e 221 g di cartone. Considerando un esempio di un paio di jeans, il trasporto e il reso aumentano le emissioni di CO2 del 24%, con un costo medio del carburante stimato in 0,87 euro. Greenpeace ribadisce l’importanza di una maggiore consapevolezza e di politiche sostenibili nel settore della moda e dell’e-commerce per affrontare le sfide ambientali attuali.